“Odiò tutto ciò che le fu possibile in quel momento. Odiò se stessa, il mondo, la sedia che le stava davanti, il termosifone rotto in uno dei corridoi, le persone perfette, i criminali. Era ricoverata in una clinica per malattie mentali e poteva provare sentimenti che gli esseri umani nascondono anche a se stessi: perché tutti siamo educati soltanto per amare, per accettare, per tentare di scovare una via d’uscita, per evitare il conflitto. Veronika odiava tutto, ma principalmente il modo in cui aveva vissuto: senza mai scoprire le centinaia di altre Veronike che dimoravano dentro di lei e che erano interessanti, folli, curiose, coraggiose, audaci.”
Veronika decide di morire racconta la storia di una giovane ventiquattrenne che, stanca di trascorrere ogni giorno della sua vita uguale al precedente e disillusa dal futuro, decide di togliersi la vita.
L’11 novembre 1997, Veronika decide di uscire di scena in modo silenzioso e senza suscitare scalpore, non vuole gesti folli o violenti, come lasciarsi cadere dalla finestra, per salvaguardare i propri genitori: dovranno già accettare il suicidio della figlia, perlomeno vuole risparmiar loro il dolore di dover riconoscere un volto sfigurato dall’impatto con l’asfalto.
Così Veronika, lucida e consapevole, si sdraia nel letto della sua camera in affitto dalle suore e ingerisce una massiccia dose di sonniferi.
La morte, però, tarda a giungere, così la ragazza ha tutto il tempo di leggere un articolo su una rivista che la indigna e scrivere una risposta al giornale, finché cade nell’oblio.
Veronika si risveglia in un letto dell’ospedale psichiatrico “Villette”: come le spiega il dottor Igor il suo cuore è gravemente malato a causa dell’ingente dose di barbiturici assunti, da un momento all’altro è destinata a soccombere per un infarto.
Veronika comprende che la fine della sua vita è rimandata soltanto di pochi giorni. Nell’ospedale di “Villette”però, la ragazza scopre un mondo nuovo, dove malattia e sanità convivono e si intersecano continuamente: la maggior parte dei malati potrebbe uscire liberamente ma preferisce rimanere al sicuro per non dover affrontare la vita.
Incontra Zedka, ricoverata per uno stato depressivo; Mari, una sessantenne che ha lavorato tanti anni come avvocato fino a che non ha iniziato a soffrire di attacchi di panico; Eduard, un giovane accusato di essere schizofrenico perché i genitori non gli hanno permesso di inseguire i suoi sogni di artista.
Durante il soggiorno di Veronika, il dottor Igor lavora alle conclusioni della sua tesi sull’Amarezza, cioè l’essenza che avvelena la vita umana è che impedisce di essere grati per ciò che si ha: la ragazza, sapendo di avere pochi giorni di vita, ci si aggrappa tenacemente e riscopre le pulsioni e i sogni che rendono vivi l’essere umano.
La storia di Veronika provoca un inaspettato turbamento e stupore anche negli altri pazienti: perché perdere tempo e ore di vita a causa della paura?
Il messaggio che Coelho vuole trasmettere è chiaro e profondo: solo quando si sta per perdere tutto si comprende quando quello che credevamo inutile sia importante. Nel momento in cui si apprende di essere in procinto di morire, si decide di lottare faticosamente per vivere e per proteggere quei pochi preziosi attimi che ci rimangono.
“La consapevolezza della morte ci incoraggia a vivere.”
Quante volte ci ritroviamo a lamentarci della monotonia delle nostre giornate? Ma cosa facciamo davvero per rendere noi stessi persone felici e appagate? Lasciamo che il tempo scorra senza fermarci a realizzare i nostri sogni, abbiamo affogato nella quotidianità i nostri desideri, eppure, nonostante tutto, un barlume di speranza resta, in quanto siamo noi gli artefici del nostro destino.
“In fondo la colpa di tutto ciò che ci accade nella vita è esclusivamente nostra. Tanta gente ha avuto le nostre stesse difficoltà, ma ha reagito in maniera diversa.”