Annie Ernaux al Salone del Libro di Torino 2017

Era seduta davanti alla sala gremita di gente, una donna di settantasette anni con i capelli alle spalle e uno sguardo intelligente. Negli occhi ha una luce che emana vitalità e da ogni sua parola traspare quella sensibilità e quella forza che impregna i suoi libri. La donna è Annie Ernaux. 

Annie Ernaux è nata a Lillebonne  nel 1940, già molto conosciuta in Francia, le sue opere sono state recentemente riportate in auge anche in Italia grazie a L’Orma Editore e alla traduzione di Lorenzo Flabbi.

Le tematiche dei suoi romanzi sono autobiografiche e caratterizzate da uno stile semplice e asciutto ma carico di potenza espressiva. Le sue opere più importanti sono “L’altra figlia“, “Gli anni“, “Il posto” e l’ultimo romanzo pubblicato “Memoria di ragazza“.

Durante la settimana del Salone Internazionale del Libro a Torino, Annie Ernaux è stata intervistata da Daria Bignardi riguardo a “Memoria di ragazza”, il testo autobiografico che racconta le passioni, gli amori e le difficoltà della ragazza del ’58.

Annie ha sentito la necessità di scrivere di quella giovane se stessa fin da subito: il 1958 è stato un anno che ha segnato profondamente la sua intera esistenza, e mettere nero su bianco quel dolore silenzioso che si portava dentro l’ha tormentata come un tarlo. Ha provato numerose volte a scrivere della ragazza del ’58, già nel 1960 fece un primo tentativo, ma invano.

Nei suoi romanzi scrive della vergogna sociale, del senso di inferiorità legato alla classe di appartenenza e alla mancanza di solidità economica, ma della “vergogna di ragazza“, intesa come il suo personale senso di colpa, non riesce a dire nulla. Tratta inoltre anche argomenti legati alle differenze di genere: come l’organizzazione della casa che spetta alle donne, occupate dall’immanenza della vita domestica e cariche di mansioni, mentre gli uomini sono più liberi e il loro è un ruolo legato alla trascendenza, come dice Simone de Beauvoir nel saggio “Il secondo sesso”.

Dopo ogni libro sente la necessità, sempre più l’incombente, di scrivere di quell’anno che ha cambiato la sua vita. Sente il bisogno di superare, attraverso la scrittura, quella fase di allontanamento da sé e dagli altri. Per lei infatti la scrittura è il modo per ostracizzare il dolore, ne è un esempio il romanzo “L’altra figlia” che racconta il trauma subito dopo aver scoperto indirettamente di aver avuto una sorella, morta prima della sua nascita, che la madre considera “più buona” di lei.

In “Memoria di ragazza” è la storia della ragazza del ’58, dove Annie Ernaux  si racconta prendendo le distanze da sé, con distacco e freddezza, come se stesse parlando di un’estranea.

La ragazza del ’58 è una giovanissima donna intenta a partire per il suo primo lavoro come educatrice in colonia, desiderosa di guadagnarsi la sua indipendenza e ansiosa di incontrare l’amore. La diciassettenne lascia la casa e l’ambiente familiare, carica di aspettative, si innamora perdutamente ma non ricambiata, di un uomo più grande che la ferisce tanto profondamente da provocare in lei un cambiamento.
Quando Daria Bignardi le chiede “come è diventata ciò che è ora?” Annie riflette un attimo e poi risponde regalando al pubblico presente una lezione di vita. Spiega che fin dalla più tenera età la madre le ha permesso di leggere ciò che desiderava, dandole piena libertà di lettura le stava dando anche piena libertà di scoprire la vita.

Dopo il suo “crollo” psicologico del 1958, Annie ha iniziato a provare un disgusto verso tutto, uno straniamento che la porta ad allontanarsi dagli altri, e riuscirà a superare questa difficoltà soltanto grazie all’educazione ricevuta dalla famiglia. I genitori le avevano insegnato ad essere forte e ad impegnarsi per realizzarsi, Annie sapeva che avrebbe potuto intraprendere qualsiasi strada e diventare qualsiasi persona avesse voluto essere. Sapeva di valere.

Le parole con cui conclude l’intervista sono un insegnamento per tutti: per qualsiasi scrittore che fa dello scrivere la propria vita, c’è sempre una ferita dietro. Ciò di cui si scrive è passato attraverso di noi, ci ha profondamente segnato lasciandoci un carico di dolore ed esperienza. Cosa si può fare con quel peso così ingombrante? Annie suggerisce di scrivere, non è importante scrivere di quella specifica ferita, l’importante è scrivere.

«A che scopo scrivere, se non per disseppellire cose, magari anche una soltanto, irriducibile a ogni sorta di spiegazione – psicologica, sociologica o quant’altro- una cosa che sia il risultato del racconto stesso e non di un’idea precostituita o di una dimostrazione, una cosa che provenga dalle increspature della narrazione, che possa aiutare a comprendere – a sopportare- ciò che accade e ciò che facciamo».  ANNIE ERNAUX


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