“Tre volte all’alba” di Alessandro Baricco

“Si incontreranno per tre volte, ma ogni volta sarà l’unica, e la prima, e l’ultima”.

Incontrarsi tre volte. Ogni volta come fosse la prima, come fosse l’ultima, come fosse l’unica. Svincolati dal tempo e dalla logica.

“Ho capito che non si cambia veramente mai, non c’è modo di cambiare, come si è da piccoli si è tutta la vita, non è per cambiare che si ricomincia da capo. Si ricomincia da capo per cambiare tavolo, disse. Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco”.

Un libro complesso da spiegare senza averlo letto, tre racconti apparentemente indipendenti ma in realtà totalmente connessi.

“Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio”.

Lo stile di Baricco è particolare e poetico, la sua prosa pare poesia e ogni pagina è intrisa di immagini effimere.

“Disse che bisognava stare attenti quando si è giovani perché la luce in cui si abita da giovani sarà la luce in cui si vivrà per sempre. Così bisognava stare attenti alla cattiveria perché da giovani sembra un lusso che ti puoi permettere, ma la verità è un’altra, e cioè che la cattiveria è una luce fredda in cui ogni cosa perde colore, e lo perde per sempre”.

L’alba è la protagonista di questo breve libro, è il filo conduttore, inizio e fine di ogni cosa.

“Non è neanche detto che se ami davvero qualcuno, ma tanto, la cosa migliore che puoi fare sia viverci insieme”.


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